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Deliberare di dismettere l'impianto centralizzato di riscaldamento senza il consenso unanime dei partecipanti al condominio può costare caro al condominio. Quest'ultimo, infatti, può essere citato in giudizio dal condomino dissenziente per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di tale soppressione (procedimento giudiziario da parte dei conduttori perché non potevano fruire del servizio di riscaldamento, a seguito della dismissione dello stesso, e di cui ne rivendicavano il diritto previsto nel contratto per l'intero periodo della locazione). Nella fattispecie la Corte di Cassazione (sent. n. 862/2015), preso atto della nullità della delibera di dismissione dichiarata dalla Corte di Appello, rinviava nuovamente alla corte di merito in diversa composizione, affinché valutasse la richiesta di risarcimento del danno cagionato, al condomino attore, dall'illegittimo comportamento dei condomini che lo avevano privato dell'impianto.
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Pur essendo la fattispecie riconducibile a due delibere, una del 1987 (ante L. 10/1991, quando i condomini decisero di non eseguire il lavori di sostituzione della caldaia perché troppo onerosi) e l'altra del 1992 (post 10/91, nella quale gli stessi rinunciavano ad ogni ipotesi di ripristino dell'impianto senza che nessun progetto era stato presentato ex art. 28 della legge 10/91), volendola analizzare alla luce della normativa attuale, si potrebbe dire che, in linea di principio, non è più possibile la trasformazione degli impianti centralizzati in impianti unifamiliari a gas senza il consenso unanime, proprio come richiesto prima dell'entrata in vigore della legge 10/91 (Trib. di Roma n.19966/2010). Ed invero, l'art. 26, comma 2 della legge 10/1991 nota come "Legge sul risparmio energetico" disponeva che "per gli interventi in parti comuni di edifici volti al contenimento del consumo energetico……, compresi quelli di cui all'art. 8" (trasformazione di impianti centralizzati di riscaldamento in impianti unifamiliari a gas….), sono valide le relative decisioni "prese a maggioranza delle quote millesimali ". Solo successivamente, a seguito di numerose modifiche subite dall'art. 26 cit. - non prive di disquisizioni interpretative dottrinarie – scomparve il richiamo all'art. 8 ( D. Lgs n. 311/2006) per cui, conseguentemente, l'intervento finalizzato alla trasformazione degli impianti centralizzati di riscaldamento in impianti unifamiliari a gas necessitava del consenso unanime dei partecipanti al condominio. Tuttavia, le possibilità di poter eseguire oggi tale trasformazione sono molto scarse perché il DPR n. 59/2009 ha disposto che in tutti gli edifici già esistenti con un numero di unità abitative superiore a 4 (o con una particolare potenza nominale del generatore di calore) è preferibile il mantenimento di impianti termici centralizzati laddove esistenti e, in caso di ristrutturazione o di installazione dell'impianto termico, è obbligatorio, ove tecnicamente possibile, l'adozione dei sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore ( salvo impedimenti tecnici da evidenziarsi nella relazione tecnica) da deliberarsi ex art. 1120 comma 2 c.c.; l'adozione di tali sistemi è divenuta obbligatoria, poi, negli edifici di nuova costruzione la cui concessione edilizia sia stata rilasciata dopo il 2006 (Dlgs 311/2006) e lo sarà per tutti gli edifici con riscaldamento centralizzato entro il 31 dicembre 2016 (D. Lgs. n. 102/2014). L'adeguamento è obbligatorio per tutti i condomini, per cui il rischio che il conduttore rimanga privo di riscaldamento, sembrerebbe scongiurato.
Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/condominio/2015-02-16/dismissione-impianto-centralizzato-fatta-193832.php?uuid=AbPJwgDL
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