Regolamenti edilizi/1: il labirinto delle definizioni (in attesa del modello unico)
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Il primo passo verso l’unificazione dei regolamenti edilizi è realtà: nella legge di conversione del decreto Sblocca-Italia (legge 164/2014, pubblicata sulla «Gazzetta» dell’11 novembre) è avviato il percorso verso l’adozione di un modello unico di regolamento, da adattare comunque alle realtà locali. Ma i tempi per arrivare al traguardo non sono ancora definiti. Intanto, proprietari di immobili e professionisti devono fare i conti con gli oltre 8mila regolamenti edilizi, diversi da Comune a Comune. Le differenze Architetti, ingegneri, geometri e, più in generale, tutti i professionisti dell’edilizia, quando si trovano ad approcciare interventi ricadenti nel territorio di più Comuni ad oggi devono confrontarsi con normative a volte anche profondamente (e ingiustificatamente) discordanti tra loro. |
Queste difformità possono riguardare anche definizioni fondamentali, quale quella relativa alla superficie degli edifici a volte definita utile lorda (Sul) o di pavimento (Slp) e da cui, ai fini urbanistici, vengono normalmente escluse (ma ogni Comune ha le sue regole) le aree porticate, le logge, le autorimesse, piuttosto che i vani tecnici. Così il regolamento edilizio del Comune di Milano del 1999 - regolamento che resterà in vigore sino alla pubblicazione del nuovo regolamento edilizio - esclude dal conteggio della Slp gli spazi comuni destinati ad attività di pertinenza dell’intero fabbricato, mentre Bologna non conteggia gli spazi di servizio dell’unità edilizia di uso comune e gli spazi tecnici collegati a parti comuni. I regolamenti comunali possono poi disporre distanze maggiori rispetto a quella di 3 metri prescritta dal Codice civile. Sfruttando questa possibilità, i Comuni di Bologna, Firenze e Lecce, ad esempio, hanno quindi previsto una distanza minima di 5 metri; il regolamento milanese del 1999, invece, dispone una distanza dal confine di 3 metri, pari a quella del Codice. E così, ancora, non mancano discordanze riguardo all’altezza massima. Il Comune di Lecce ha previsto che l’altezza massima dei fabbricati sia pari alla distanza misurata in verticale tra il punto più basso del marciapiede a filo fabbricato, o del terreno adiacente, e la quota dell’intradosso dell’ultimo solaio orizzontale di copertura dei locali abitativi. Il regolamento edilizio di Napoli, invece, prevede che l’altezza massima delle costruzioni sia equivalente all’altezza maggiore tra tutte quelle relative alla facciata della costruzione, la quale è a sua volta definita come l’altezza all’estradosso del solaio di copertura del piano utile più alto. Verso il modello unico Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/edilizia-privata/2014-11-13/attesa-sblocca-italia-labirinto-141539.php?uuid=AbPCKSdK |