Cambio d'uso più facile, debutta il permesso convenzionato - Tutte le novità in edilizia privata - La Guida allo Sblocca Italia

L'art. 17 del decreto Sblocca Italia ha previsto l'introduzione di due nuovi articoli del Testo unico dell'edilizia aventi ad oggetto la disciplina di due istituti: la disciplina generale del permesso di costruire convenzionato ed il mutamento d'uso urbanisticamente rilevante.
Si tratta di una novità di non poco conto in quanto vengono affrontati due temi molto rilevanti nella materia urbanistico – edilizia.

Il permesso di costruire convenzionato
Finalmente il legislatore statale si occupa di definire le caratteristiche principali dell'istituto generale del permesso di costruire convenzionato al di là delle specifiche ipotesi previste dall'ordinamento quali, ad esempio, quella prevista dall'art. 18 del testo unico relativa all'edilizia convenzionata concernente la previsione di uno sconto sul contributo di costruzione a favore della realizzazione di alloggi per le categorie socialmente deboli.
Nonostante da molti anni sia stata intrapresa la strada degli accordi pubblico privato in materia urbanistica ed edilizia, è sempre mancata la disciplina puntuale di un provvedimento tipo utilizzabile in alternativa agli strumenti urbanistici attuativi e dotato di una maggiore facilità di utilizzo.

Si è tentato di "costruire" la fattispecie sulla base della disciplina dell'art. 11 della legge n. 241 del 1990 relativa agli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento ma senza sancire in modo chiaro quale fosse il procedimento da seguire o l'oggetto specifico dell'accordo pubblico privato.
Il semplice rinvio da parte degli strumenti urbanistici generali al permesso di costruire convenzionato in alternativa al piano attuativo non poteva di per sé essere sufficiente a dare certezza del corretto utilizzo di tale strumento.
Affermare l'alternatività dello strumento attuativo e del permesso di costruire convenzionato (soprattutto nelle zone di recupero) senza avere un chiaro riferimento alla disciplina concretamente applicabile ha creato, infatti, non pochi problemi applicativi.
Ecco che deve essere salutato con estremo favore il nuovo art. 28 bis del testo unico dell'edilizia, recentemente introdotto dal decreto legge Sblocca Italia.

La norma prevede che qualora le esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte, sotto il controllo del Comune, con una modalità semplificata, è possibile il rilascio di un permesso di costruire convenzionato anziché ricorrere al piano attuativo.

La convenzione deve specificare gli obblighi, funzionali al soddisfacimento di un interesse pubblico, che il soggetto attuatore si assume ai fini di poter conseguire il rilascio del titolo edilizio, il quale resta la fonte di regolamento degli interessi pubblici e privati in campo.
Pur non essendo previsto un elenco tassativo (è possibile, infatti, utilizzare il permesso di costruire convenzionato anche in altre fattispecie), la norma stabilisce che il ricorso a tale strumento è comunque consentito qualora si intendano regolare:
a) la cessione di aree anche al fine dell'utilizzo di diritti edificatori;
b) la realizzazione di opere di urbanizzazione fermo restando quanto previsto dall'articolo 32, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163;
c) le caratteristiche morfologiche degli interventi;
d) la realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale.

Per quanto riguarda i suoi contenuti, la convenzione può prevedere, sul modello di quanto previsto proprio dal decreto legge Sblocca Italia per i piani attuativi convenzionati, modalità di attuazione per stralci funzionali, cui si collegano gli oneri e le opere di urbanizzazione da eseguire e le relative garanzie.
La norma prevede inoltre che il termine di validità del permesso di costruire convenzionato possa essere "modulato" in relazione agli stralci funzionali previsti dalla convenzione.
Tale previsione non brilla per chiarezza ma l'interpretazione più plausibile è quella secondo cui la durata massima del permesso rimanga quella ordinaria (un anno per l'avvio dei lavori, tre anni dal loro avvio per la conclusione, salvo proroghe o termini più ampi concessi contestualmente al rilascio del titolo), con la possibilità di definire una tempistica intermedia in caso di stralci funzionali.
Per quanto concerne il procedimento amministrativo per giungere la permesso convenzionato è lo stesso previsto in via ordinaria per il permesso di costruire con l'aggiunta che ala convenzione si applica altresì la disciplina dell'art. 11 della legge n. 241 del 1990 relativa agli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento.

Il mutamento d'uso
Non può che essere salutato con favore anche il nuovo articolo 23-ter del Testo unico dell'edilizia introdotto dal decreto legge Sblocca Italia, secondo il quale «salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d'uso all'interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito».

Si tratta di una norma volta a disciplinare il mutamento d'uso urbanisticamente rilevante al fine di fornire un quadro di maggiore certezza agli operatori che hanno visto proliferare le destinazioni d'uso previste dagli strumenti urbanistici generali senza più criteri identificativi delle stesse sul piano urbanistico.
I piani regolatori prevedono sovente indicazioni puntuali delle singole destinazioni o degli utilizzi ammissibili senza aver compiuto un vero sforzo di sintesi attraverso la previsione di categorie funzionali.
La definizione del mutamento d'uso urbanisticamente rilevante contenuto nel nuovo art. 23 ter svolge, invece, una funzione molto importante in quanto funzionale all'applicazione di diverse norme.

In primo luogo, il mutamento d'uso è uno degli elementi caratteristici e distintivi della ristrutturazione urbanistica rispetto agli altri interventi sull'esistente posto che non è previsto per la manutenzione straordinaria e nel restauro e risanamento conservativo è ammesso soltanto se compatibile con le caratteristiche dell'edificio.

In secondo luogo, il mutamento d'uso assume rilievo anche nella ipotesi in cui intervenga, entro dieci anni dalla fine dei lavori, su immobili o impianti destinati ad attività industriali o artigianali, ad attività turistiche, commerciali, e direzionali o allo svolgimento dei servizi: l'art. 19 del Testo unico dell'edilizia prevede che, in tale fattispecie, il contributo di costruzione sia dovuto nella misura massima corrispondente alla nuova destinazione determinata con riferimento al momento dell'intervenuta variazione.

Infine, il mutamento d'uso rileva ai fini della compatibilità con la disciplina urbanistica vigente soprattutto nelle ipotesi di interventi di ristrutturazione urbanistica ed edilizia.

La norma introdotta dal decreto legge prevede che, fatta salva ogni diversa previsione da parte delle leggi regionali, il mutamento della destinazione d'uso può ritenersi rilevante quando si sostanzia in qualsiasi forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie, alla condizione che sia tale da comportare l'assegnazione dell'immobile o dell'unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale.
Le categorie funzionali vengono dalla norma ridotte a quattro:
a) residenziale e turistico-ricettiva;
b) produttiva e direzionale;
c) commerciale;
d) rurale.

L'obiettivo di semplificazione è davvero notevole in quanto molti degli strumenti urbanistici vigenti (ma anche delle leggi regionali) prevedono ora molteplici destinazioni senza lo sforzo di unificarle in categorie generali onde evitare che si configuri il cambio d'uso rilevante tra destinazioni tra loro del tutto assimilabili.
Per quanto concerne il merito della scelta, risalta l'inserimento nella medesima categoria della destinazione residenziale e di quella turistico recettiva nonché l'accorpamento in un'altra categoria di quella produttiva e direzionale.
La scelta contenuta nel decreto legge appare condivisibile in quanto per individuare le diverse categorie è stato dato rilievo alla incidenza che sul territorio è generato dalle diverse destinazioni, accorpando così quelle che producono effetti simili in termini di peso insediativo rispetto alla necessità di urbanizzazione del territorio medesimo.
I risvolti di tale accorpamento sono notevoli in quanto è possibile trasformare edifici residenziali in RTA o alberghi (e viceversa) senza incorrere nella modifica d'uso (e, quindi, senza corrispondere il contributo di costruzione aggiuntivo) così come è del tutto ammissibile il passaggio da uffici a produttivo e viceversa in quanto appartenenti alla medesima categoria funzionale.

Desta qualche dubbio sulla reale portata innovativa della norma la previsione contenuta nell'ultimo comma dell'art. 23 ter secondo la quale è comunque ammissibile una diversa previsione da parte degli strumenti urbanistici comunali o da parte delle leggi regionali.
La disposizione finale appare oggettivamente eccessiva rispetto alle finalità ambiziose della norma di riscrittura della disciplina del mutamento d'uso rilevante.
Non si può evitare di considerare che il mutamento d'uso rientri nella materia Governo del territorio che, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, è soggetta alla potestà legislativa concorrente di Stato e regioni per cui non è possibile impedire che le regioni stesse legiferino in merito ma è altrettanto vero che ciò debba avvenire nell'ambito dei principi fissati dal legislatore statale.
Prevedere, invece, che non solo le leggi regionali ma anche gli strumenti urbanistici generali possano andare in contrario avviso rispetto al principio fissato dalla norma nazionale costituisce un eccessivo depotenziamento della portata precettiva della norma stressa.
Meglio sarebbe mantenere la norma come disciplina di principio lasciando alle regioni di intervenire con la disciplina operativa ma pur sempre nel rispetto dell'orientamento stabilito dal legislatore nazionale.
Occorre infine segnalare che in presenza di una pluralità di destinazioni d'uso nell'ambito di un fabbricato o di una unità immobiliare, la norma si occupa di definire come prevalente quella destinazione che risulti tale in termini di quantità di slp.

Fonte articolo: http://www.casaeterritorio.ilsole24ore.com/art/edilizia-privata/2014-09-18/cambio-facile-debutta-permesso-104538.php?uuid=Abt2KLOK



La invitiamo a lasciare il suo numero di telefono per essere ricontattato.

Cliccando invia dichiari di aver letto ed accettato l'informativa sulla privacy